Chi, come me, è cresciuto tra le mura di una palestra, oppure dentro un campo da gioco o in una piscina, sa quanto noi ragazzi facciamo affidamento a colui o colei che sta dall’altra parte: il nostro allenatore. Poche figure nella mente di un bambino/adolescente si possono equiparare a quella di un istruttore: i genitori, al massimo qualche professore, ma nessuno sembra capirci così perfettamente, perché (spesso) loro sono stati proprio al nostro posto e, di conseguenza, conoscono tutte quelle sensazioni e la fatica che si provano durante una competizione.
Purtroppo, però, in tutte le belle favole c’è sempre un antagonista e, a volte, questo viene impersonato proprio dalla persona che meno ci aspettavamo. Ed ecco come lo sport diventa tossico.
Lo sport non diventa un peso solo a causa degli altri atleti che competono con e contro di noi. Altre volte non sono neanche i genitori il problema. In alcuni casi, è tutto nelle mani di chi ti guida in quel mondo. È così che nascono e vengono alla luce (soprattutto e per fortuna in questi ultimi anni) le storie di abusi nello sport.
‘ChangeTheGame’
Affidare a un ragazzo più o meno giovane il compito di denunciare il proprio aguzzino, non è il più semplice dei compiti. C’è chi ha paura di ripercussioni da parte di quella persona, chi ha paura di non essere creduto oppure del giudizio degli altri. Perché non è raro che i più subdoli abusatori si mettano una maschera di fronte al genitore di turno. Grazie a ciò pensano di crearsi un alibi di ferro.
Se però abbiamo imparato qualcosa dalle favole, è che una soluzione, in qualche modo, si può provare a trovare. E anche se la situazione non sarà più la stessa di partenza, intanto il dolore più grande sarà stato rimosso.
Introduciamo allora uno dei protagonisti di questa storia di rivalsa: l’associazione ‘ChangeTheGame’.
Nata nel 2018, per volontà della giornalista Daniela Simonetti e del medico, nonché stella d’oro del CONI al merito sportivo, Alessandra Marzari, ‘ChangeTheGame’ è la prima associazione italiana di volontari che combatte contro ogni forma di violenza nel contesto sportivo, aiutando bambini, famiglie e tutti coloro che hanno subito abusi durante la loro carriera sportiva. L’obiettivo principale è contrastare e prevenire la violenza fisica, emotiva e sessuale nello sport tramite vari percorsi e assistendo gratuitamente le vittime in sede giudiziaria, sportiva e psicologica. Inoltre, intendono riformare i regolamenti sportivi federali e promuovere consapevolezza.
La testimonianza di un “ex-farfalla”
Tramite il loro sito, oltre che trovare i moduli per segnalare un abuso o per donare all’associazione, troviamo anche varie testimonianze di ragazzi che non hanno voluto continuare a sostenere quel gioco di omertà nel quale erano stati forzatamente gettati.
Come introduzione, troviamo una breve testimonianza dell’esperienza di Nadia Corradini, un’ex farfalla della Nazionale di Ginnastica Ritmica che, nell’ottobre dello scorso anno, ha deciso di aprire il Vaso di Pandora degli abusi subiti durante la sua carriera, facendo così esplodere uno dei più grandi scandali della storia sportiva italiana. Si accoderanno alle sue dichiarazioni anche altre compagne, fino a diffondersi a macchia d’olio in tutta Italia, includendo così anche atlete del ramo della ginnastica artistica.
Troppo spesso si prendono con leggerezza le piccole lamentele dei propri figli o compagni di giochi, non soffermandosi più in là di quello che si sente. A volte, invece, è bene parafrasare e mostrarsi disponibili all’ascolto.
Salute fisica e mentale devono andare di pari passo, come ci ha insegnato niente meno che Simone Biles, tornata a splendere dopo un periodo passato a occuparsi della propria mente.
Dobbiamo ringraziare ragazze e ragazzi come lei che, oggi sempre più, stanno aiutando a normalizzare certe situazioni ancora troppo stigmatizzate dalla società.