Non so se sarebbe stato più grave partecipare senza Bandiera e Inno ai prossimi Giochi Olimpici di Tokyo o continuare ad essere incapaci di generare un dialogo proficuo che porti lo Sport Italiano fuori da una stallo culturale.
Perché il suicidio mediatico e d’immagine era stato quasi compiuto.
Ed in stile perfettamente italiano siamo arrivati in Zona Cesarini a mettere una pezza su un tema caro a tutti e a nessuno.
Perché questo rappresenta lo Sport in Italia.
Non voglio entrare nel merito di due anni vissuti senza dialogo tra governo e CONI nel quale venivano rimbalzati pareri e disposizioni, nel quale c’era chi entrava a gamba tesa e chi giocava solo in difesa.
Se facessi questo guarderei il dito e non la luna.
Lo Sport nel nostro paese è un bel vestito, uno di quelli che ti fa fare bella figura e che in molti ti invidiano, del quale non puoi fare a meno nel tuo guardaroba ma che come tutti gli abiti è accessorio.
Lo Sport in Italia, nella sua complessità, nella sua gestione e nella sua organizzazione rappresenta un tema secondario. Per tutti. E ad ogni dimensione.
La cosa più grave però è la superficialità con il quale gli stessi addetti ai lavori (non tutti ma troppo pochi) lo trattano e lo argomentano.
La scarsa visione generata, il confronto effimero, non generano ne prospettive ne dibattito.
E la responsabilità non è solo delle Istituzioni ma di chi non ha interesse a trattarle come tali e si disinteressa dei temi badando solo alle chiacchiere.
Chi di noi si è chiesto PERCHÈ il CIO ci avrebbe tolto l’opportunità di essere rappresentati dal tricolore?
Chi conosce il merito della questione?
Pochi.
Tutti hanno gridato allo scandalo ma nessuno sa essenzialmente le motivazioni.
E allora non ci stupiamo se finisce in un cassetto un decreto che senza il quale ci posizionerebbe agli occhi del grande pubblico al pari della Russia.
È solo la conseguenza di un processo culturale zoppo, che non pone lo Sport come principio e valore ma solo come strumento.
Lo Sport come arrivo e non come partenza.
Lo Sport come tema da affrontare e dividere nei suoi diversi gradi di interesse, sociale, educativo, economico e mediatico nel quale tutti non posso fare tutto, dove tutto non può essere trattato nello stesso modo.
Lo Sport come comparto produttivo di dimensione internazionale.
Lo Sport non solo come scatola dalla quale tirare fuori il jolly ma come tema da sviscerare con responsabilità e competenza.
Lo Sport come tavolo permanente attraverso il quale confrontarsi e scontrarsi tra proposte e criticità e nel quale il tricolore è molto di più di una coperta di Linus.
Se daremo vita a questo processo allora sapremo identificare il CONI e le sue attività, conosceremo le responsabilità del Ministero dello Sport e del Governo, sapremo glorificare un risultato e valutare una sconfitta, sarà più chiaro dove si possa trovare il limite tra autonomia e controllo, tra libertà e anarchia.
Sapremo aprire allo Sport di domani individuando registi e attori, scenografi e operatori, comparse e protagonisti.
Allora guarderemo la luna e non il dito.