C’è chi dice i limiti esistono per essere superati altri invece asseriscono che servono per dare demarcazioni alle possibilità o alle capacità.
Ma prima di dargli delle definizioni credo sia necessario individuarli per renderli in seguito o ostacoli da valicare o muri da considerare.
Per scovarli nelle nostre predisposizioni, nelle nostre passioni e nelle nostre abitudini dobbiamo cedere al masochistico mondo della fatica e del lavoro senza obiettivo primario.
In poche parole, per spingerci a conoscere il massimo, a dove saremmo disposti ad arrivare, non dobbiamo mettere come obiettivo esigenze primarie ma passioni che dovremo trasformare in necessità, in bisogni, in stili di vita.
Ed ecco che la maratona non è solo uno strumento per conoscere la nostra attitudine a conoscere i nostri limiti in termini di concentrazione, abnegazione, determinazione ma l’utile follia che ci spinge a capire dove possiamo arrivare e quanto può essere grande un obiettivo.
Si dice che per correre il fondo devi toccare il fondo, devi perdere la speranza mentre corri e ridere in faccia a chi ti diceva “lascia perdere”, devi raccontarlo ad alta voce e aumentare l’elettricità delle sinapsi.
Devi essere un folle che sa cosa vuole, che se ne frega della vittoria e che cerca l’agonismo con se stesso.
Devi essere equilibrato con la preparazione e instabile con le ambizioni.
Perché il maratoneta è un folle.
Uno che sa dove andare, come andarci e che sa benissimo che in quei 42 km e 195 metri sentirà, vedrà e troverà di tutto.
Sentirà la freschezza dei primi passi, il vento in faccia, la scioltezza, la fierezza.
Vedrà se il suo allenamento è stato veramente proporzionato, scientificamente misurato, vedrà i suoi mesi di preparazione come fossero un film, vedrà persone meno dotate andare più forte e crisi di fenomeni che incappano nella giornata sbagliata.
Troverà bipolarismo nello sforzo, risposta alle sue domande al 30esimo km, e domande senza risposta poco dopo, il silenzio del pensiero concentrato sullo sforzo e lo sforzo di non concentrarsi sulla fatica.
Vedrà città senza negozi e strade senza macchine, vedrà prendersi qualcosa per se stesso ed a se stesso dirà “perché?”.
Diventerà un esperto di meteorologia e di percorsi, malato del “quanto al km?”, scienziato del cibo funzionale e troverà l’Amore nella sua lenta esplosiva trasformazione dalla Passione.
L’Amore illuminista delle settimane precedenti e romantico negli ultimi kilometri.
Troverà il fondo fisico mai toccato, troverà il buio.
E dopo il buio, qualsiasi luce appare come un appiglio di soddisfazione.
Troverà quella che ti da guardare davanti come un sognatore che si va a prendere il futuro.
Perché in fondo poi c’è proprio quello, il futuro.
Lì troverà il sorriso della fine, che per molti, è solo l’inizio.
L’inizio di una nuova maratona.