È la stagione 2007 di Formula 1 quando il più grosso scandalo mediatico e sportivo travolge la massima categoria; ad oggi sono ancora troppi gli enigmi che caratterizzano questa vicenda e che la morte di Nigel Stepney ha reso impossibili da risolvere.
Quando la passione diventa ossessione
Il cavallino rampante e la squadra di Woking hanno una tra le più longeve rivalità della storia della Formula 1: dal duello spietato tra James Hunt e Niki Lauda, alla rivalità tra Alain Prost ed Ayrton Senna da compagni di squadra in McLaren continuata con l’approdo del pilota francese a Maranello, gli affronti in pista tra Michael Schumacher e Mika Hakkinen, arrivando al mondiale sofferto fino alla bandiera a scacchi dell’ultimo gran premio della stagione 2008 tra Lewis Hamilton e Felipe Massa.
In pista le due scuderie non hanno mai nascosto la loro voglia di battersi a volte spingendosi ai limiti, ma nella stagione 2007, l’amore tradito del capo meccanico del team italiano porta la sfida su un livello che non lascia spazio alla sportività. Nigel Stepney è il protagonista ambiguo di questa storia, che si trasformerà sette anni dopo in un vero e proprio giallo stile Agatha Christie.
Nigel Stepney è una delle figure di punta della Ferrari: il suo vigore e la sua disciplina, gli permisero di approdare in Formula 1 a soli 18 anni. Era un meccanico talentuosissimo e si fece strada molto velocemente nella massima categoria, partendo dalla scuderia Shadow arrivando poi ai top team: Lotus, Benetton ed infine il sogno Ferrari. È nel team rosso che Stepney accresce le sue conoscenze e riesce a mettere in riga l’intero box, fino ad ottenere il ruolo di responsabile tecnico nell’era Schumacher.
Ma è proprio nel 2006 che la devozione di Stepney per il cavallino tramuta in odio. All’annuncio del termine del rapporto tra Jean Todt, Ross Brawn e la Scuderia Ferrari alla fine della stagione, Stepney era convito di essere il diretto erede di Brawn nel ruolo di Direttore Tecnico, che con suo grande stupore venne però assegnato a Mario Almondo. La Ferrari dopo attente valutazioni negò il ruolo tanto ambito al meccanico inglese in quanto “non possedeva le competenze necessarie per ricoprire l’incarico”: Stepney non aveva infatti mai frequentato l’università e la squadra di Maranello non se la sentì di affidare la posizione di massimo prestigio ad un “semplice meccanico”.
Stepney vide la sua figura diventare sempre di minor importanza per la squadra tanto da essere nella stagione 2007, relegato all’attività nella Gestione Sportiva, il quartier generale Ferrari a Maranello. A questo punto, il britannico non potendo allontanarsi dalla squadra per vincoli contrattuali che lo vedevano a lei legato fino alla fine della stagione, iniziò una vera e propria “guerra sotterranea” ai danni della Ferrari.
Il sabotaggio di Montecarlo
Gran Premio di Monaco 2007: a poche ore dal gran premio più discusso del calendario, uno dei meccanici di Kimi Raikkonen rinviene tracce di una strana polvere bianca accanto alla monoposto del finlandese. Si tratta di polvere di fosfato che era stata gettata nel serbatoio della monoposto ed avrebbe causato un rilevamento da parte dei sensori del serbatoio carburante, di una quantità maggiore di benzina rispetto a quella consentita con conseguente squalifica della squadra dalla corsa della domenica.
I vertici della Scuderia avvertono tempestivamente le autorità che perquisiscono tutti i presenti all’interno del box, tra cui proprio Nigel Stepney. È lui che le autorità accusano del fatto: sono ritrovate infatti tracce della polvere nelle tasche del meccanico che viene a quel punto allontanato dalla squadra con effetto immediato ed accusato di lesioni personali, frode sportiva, sabotaggio e danneggiamento.
L’altro lato della medaglia: la rete di Stepney e Coughlan a Londra
Quanto successo a Montecarlo ai danni del cavallino permise a Stepney di continuare il suo tentativo di abissare definitivamente la Ferrari.
Il secondo nome importante che coinvolse la McLaren nello scandalo spionaggio è Michael Coughlan. Ai tempi capo progettista della scuderia britannica, Coughlan era molto amico di Stepney e cercò di trarre vantaggio dalla situazione che vedeva protagonista la Ferrari proprio grazie a quest’ultimo.
Stepney, avendo attivamente partecipato al progetto e la realizzazione della Ferrari F2007, conosceva ogni dettaglio tecnico della monoposto. Già agli inizi della stagione, Stepney aveva rivelato informazioni sensibili all’ingegnere britannico, sostenendo che la monoposto della Ferrari per la stagione 2007 presentava componenti illegali. Le specifiche tecniche vennero trasmesse dalla McLaren alla FIA senza dichiarare mai la fonte ed iniziarono così le indagini della federazione, che culminarono con il riconoscimento dell’illegalità delle componenti ma senza alcuna sanzione per la scuderia di Maranello.
Si infittì però nel circus il mistero su come quelle informazioni finirono nelle mani del team britannico; i nomi di Coughlan e Stepney divennero sempre più chiacchierati al punto che l’allora team principal McLaren, Jonathan Neale, convocò Michael Coughlan e dopo aver appreso l’effettivo coinvolgimento dell’ingegnere nel caso, gli chiese di interrompere ogni contatto con il meccanico ex Ferrari.
“L’albero della conoscenza”: il bene e il male
780 pagine, questo è il numero di fogli contenuti nella valigetta di Stepney che tanto fece gola a Coughlan a Barcellona, in un pranzo appositamente organizzato nella capitale Catalana. Coughlan nelle dichiarazioni che seguirono le successive indagini affermò:
“Ero andato a quel pranzo per interrompere i contatti con Stepney, ma lui iniziò a disegnare su un foglio di carta l’intero impianto frenante della F2007. Più tardi mi consegnò una valigetta contenente un plico con i progetti e le specifiche tecniche della monoposto Ferrari. Nel tragitto verso l’aeroporto gli diedi un’occhiata. La mia curiosità ingegneristica prese il sopravvento e decisi a quel punto di portarmelo a casa”.
Quando Coughlan presentò i progetti in fabbrica gli venne immediatamente chiesto di farli sparire, ma senza alcun risultato.
Nelle settimane seguenti, infatti, Tracy Coughlan, moglie del capo progettista, si recò in una copisteria non molto lontana dal quartier generale McLaren, con due CD-ROM ed i 780 fogli chiedendo che questi fossero digitalizzati. Per sua sfortuna, il proprietario del negozio, era un grande appassionato di Formula 1 oltre che tifoso della scuderia di Maranello.
L’uomo notò immediatamente il simbolo del cavallino sul plico e decise di indagare sull’identità della donna: quando fece luce su quanto appena accaduto, cercò di mettersi in contatto con l’allora Team Principal della scuderia Stefano Domenicali al quale comunicò ciò che stava effettivamente succedendo a 2000 km da Maranello.
Mentre Coughlan e Stepney erano in trattativa con diverse scuderie per diffondere il materiale in loro possesso, il 1° luglio 2007, polizia, investigatori, avvocati e giornalisti invasero l’abitazione di Coughlan. La FIA espresse la sua volontà di portare avanti un’indagine interna, oltre a quella portata avanti dalle autorità. Il giorno seguente lo scandalo era in prima pagina di tutti i quotidiani mondiali.
L’intera vicenda non vide conseguenze per i due team in quanto le indagini della FIA portarono alla conclusione che si trattasse di fatti legati ai due singoli soggetti, Coughlan e Stepney.
Al di sotto della punta dell’iceberg
Ma ciò che Ron Dennis, amministratore delegato della McLaren nel 2007, non poteva mai aspettarsi era che la vicenda non era più legata solo al nome di Coughlan, ma vedeva coinvolti tutti i membri del team di Woking, fino ad arrivare a Fernando Alonso e Pedro De La Rosa, ai tempi rispettivamente pilota e test driver per McLaren.
L’atmosfera interna tra gli allora due piloti della McLaren, Lewis Hamilton e Fernando Alonso era alle strette. Il Gran Premio di Ungheria 2007 portò a galla lo scenario peggiore per Dennis, che si trovò a far fronte con il fondo di un iceberg fino ad allora totalmente sommerso.
Durante la qualifica, una serie di screzi tra i due piloti portò alla retrocessione del pilota spagnolo dalla pole position alla sesta posizione sulla griglia di partenza, motivata da un impeding. Alonso chiese di incontrare Dennis, al quale rivelò di essere in possesso di informazioni che avrebbero danneggiato pesantemente la scuderia britannica e minacciò di renderle pubbliche.
A quel punto lo scenario era chiaro: le informazioni riguardanti la Ferrari fatte trapelare da Stepney erano in possesso di ogni membro del team e Pedro De La Rosa fu cruciale nella trasmissione di queste ai due piloti McLaren. Ron Dennis, comunicò tempestivamente quanto accaduto a Max Mosley, presidente FIA, che a quel punto avviò un’indagine con conseguente conferma del possesso delle informazioni da parte di diversi membri del team e non solo del capo progettista.
Alla McLaren vennero decurtati tutti i punti fino ad allora ottenuti in campionato, del quale essa stessa era in controllo, la squadra venne sanzionata con una multa da 100 milioni di dollari e venne controllata affinché non utilizzasse le informazioni ottenute per sviluppare la monoposto 2008.
Il giallo della morte di Stepney
Sette anni dopo la fine della vicenda, Nigel Stepney, che aveva promesso di raccontare la storia dal suo punto di vista in un libro mai pubblicato per la mancanza di un editore disponibile a farlo, morì tragicamente in un incidente, le quali cause sono ancora tutt’oggi non accertate. Nella notte del 2 maggio 2014, sulla Motorway M20 non lontano da Ashford, Nigel Stepney aveva accostato a bordo strada e viene investito da un camionista che arrivava in quella direzione in mezzo alla foschia.
Il conducente sostenne per molto tempo che Stepney “sembrava quasi essersi gettato volontariamente” sotto al mezzo, ma i suoi familiari esclusero ogni possibilità di suicidio in quanto Stepney “aveva ampiamente superato la vicenda di cui era stato protagonista”. Come in ogni giallo che si rispetti però, sono diversi gli indizi che invece fanno credere all’ipotesi di suicidio: una cara amica del meccanico raccontò infatti che Stepney aveva stipulato un contratto di assicurazione sulla vita appena tre giorni prima.
Nessuno probabilmente saprà mai la vera causa della morte di quest’uomo così tanto discusso dentro e fuori il mondo dei motori, ma la sua morte non farà mai ottenere i tasselli mancanti del più grande caso di spionaggio al quale il mondo della Formula 1 abbia mai assistito.