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I Dallas Cowboys, America’s team

La storia della gloriosa franchigia texana che non vince più da trent’anni

Il Texas è, per distacco, lo Stato del football americano. L’interesse dei texani per questo meraviglioso sport è vivo a tutti i livelli, a partire da quello liceale fino al professionistico, passando naturalmente da quello collegiale. Steve McKinney, ex centro degli Houston Texans e texano purosangue, ha dichiarato:

Da noi è come una religione. In Texas la percentuale di persone che progetta la propria giornata o la propria settimana in modo da non perdersi neppure un minuto di partita, non importa a quale livello, è semplicemente più alta che altrove”.

L’avvento dell’NFL in Texas

Tuttavia fa sgranare gli occhi venire a conoscenza che prima del 1960 non esisteva alcuna franchigia della NFL operativa nel Lone Star State, ricordando che la National Football League esiste dal 1920. Nel 1959 Lamar Hunt, imprenditore nativo dell’Arkansas ma residente a Dallas, propose alla National Football League di creare una franchigia di espansione con sede nella città texana, dopo aver provato a comprare i Chicago Cardinals dalla famiglia Bidwill con l’intento di trasferirli proprio a Dallas, ma senza successo. Ricevuto un secco no dal commissioner della NFL Bert Bell per la creazione dell’expansion franchise, Hunt decise di fondare una lega professionistica che potesse competere con la NFL, l’American Football League (AFL). Conseguentemente Hunt decise di fondare una franchigia con sede nella città di Dallas affinchè partecipasse nella sua AFL, i Dallas Texans, operativi dal 1960.

Per la NFL fu un colpo basso e rischiare di perdere Dallas e tutto il Texas, regalandolo all’AFL di Hunt, avrebbe potuto essere deleterio. Ciò però non accadde grazie a Clint Murchison Jr., imprenditore nel settore dell’olio come Hunt, ma nato a Dallas, che già nel 1958 aveva cercato di comprare i Washington Redskins per trasferirli nella sua città natale. George Marshall, proprietario dei Redskins, inizialmente aveva accettato di vendere la sua franchigia a Murchison, tuttavia appena scoprì l’intento dell’imprenditore texano di trasferire la franchigia a Dallas, ruppe gli accordi e il rapporto con questi.

La svolta ci fu nel 1960, quando venne nominato un nuovo commissioner in seguito alla morte di Bell, Pete Rozelle, il quale approvò a Murchison Jr. la fondazione di una nuova franchigia di espansione a Dallas per contrastare i Texans dell’AFL. Tuttavia l’approvazione del commissioner non era sufficiente perché tutti i proprietari delle franchigie avrebbero dovuto dare l’ok in proposito.

L’unico che si oppose fu ovviamente George Marshall dei Washington Redskins, il quale non era intenzionato a condividere il monopolio del football americano nel sud degli Stati Uniti con il rivale. Ma Murchison, con una mossa astuta, comprò da Barnee Breeskin i diritti della canzone “Hail to the Redskins”, appartenuti in precedenza a Marshall e che i Washington Redskins facevano suonare alla banda sul campo da gioco prima di ogni partita. Murchison minacciò Marshall avvisandolo che non avrebbe potuto più usare quella canzone prima di ogni partita. Infine Marshall dovette cedere perché “Hail to the Redskins” era troppo importante per i tifosi della squadra e infine decise di approvare la nuova franchigia di espansione per la città di Dallas in NFL.

Nacquero così i Dallas Cowboys. Murchison nominò Tex Schramm general manager, Gil Brandt presidente delle operazioni, il quale a sua volta scelse Tom Landry come head coach: sia Schramm che Landry non lo sapevano ancora ma avrebbero scritto pagine importanti della storia, non solo dei Cowboys, ma del football americano.

Schramm fu protagonista di una serie di cambiamenti e innovazioni all’interno della lega: l’introduzione dell’istant replay, equivalente al VAR usato nel calcio, anche se fortunatamente utilizzato in maniera più efficace, a partire dall’uso del microfono per gli arbitri per spiegare al pubblico le proprie decisioni. Egli stesso cambiò il gioco quando propose alla lega di introdurre le cuffie, chiamate “headsets”, all’interno del casco del quarterback per ascoltare le chiamate dettate dagli allenatori, oltrechè il cambiamento della posizione dei pali per i field goal e le trasformazioni dietro la endzone, anziché davanti. Tex Schramm fu l’innovatore moderno del Gioco e quando ci lasciò, nel 2003, Don Shula, l’allenatore più vincente di sempre in NFL, dichiarò: “Sono assolutamente certo del fatto che nessuno abbia fatto più di Tex Schramm per favorire l’ascesa del football professionistico.

La rivalità con Green Bay e l’Ice Bowl

I Cowboys condividevano il Cotton Bowl, lo stadio di Dallas che ancora oggi ospita la partita collegiale tra i Texas Longhorns e gli Oklahoma Sooners, conosciuta con il nome di Red River Rivarly, con i Texans di Lamar Hunt, i quali però si trasferirono l’anno successivo a Kansas City cambiando il nome in Chiefs: la franchigia è operativa ancora oggi a livello professionistico ed è sempre sotto il controllo della famiglia Hunt.

I primi anni per la squadra di Landry furono molto difficoltosi, ma a Dallas se lo aspettavano: ogni franchigia di espansione appena entrata in una lega già affermata parte sempre a rilento. I primi risultati iniziarono ad arrivare nella stagione 1965 in cui per la prima volta i Cowboys raggiunsero il 50% delle vittorie in regular season, non sufficienti per il raggiungimento dei playoff. Il 1966 fu un anno cruciale per il football professionistico: per la prima volta NFL e AFL non si trattarono più come concorrenti in competizione, ma trovarono un accordo nel quale fu scritto che a partire da quella stagione le due franchigie vincitrici di ogni lega si sarebbero sfidate in una finale di interleague, che verrà poi chiamata Super Bowl.

La prima stagione dell’accordo fu straordinaria per i Dallas Cowboys, che conclusero primi nella Eastern Conference della NFL con dieci vittorie e sole tre sconfitte e avrebbero sfidato i Green Bay Packers, che avevano vinto la Western Conference ed erano guidati dal leggendario coach Vince Lombardi, al Championship Game della NFL valevole per l’accesso al primo Super Bowl della storia. La finale si giocò al Cotton Bowl e i Packers ebbero la meglio 34-27, qualificandosi al Super Bowl in cui vinsero agilmente contro i Kansas City Chiefs di Lamar Hunt.

La stagione successiva fu la fotocopia di quella precedente: i Cowboys di Landry vinsero l’Eastern Conference e i Packers di Lombardi vinsero la Western. Entrambe superarono agilmente il primo turno dei playoff. Ancora finale, ma con un teatro diverso: Lambeau Field a Green Bay, Wisconsin e il 31 dicembre 1967 il termometro segnava -26 gradi Celsius. Non potrei raccontarvi troppo di quella partita, ricordata da tutti come l’Ice Bowl, perché sono certo che non basterebbe un romanzo: la NFL l’ha inserita al terzo posto tra le 100 partite più belle di tutti i tempi.

Un aneddoto, per inquadrare la situazione, riguarda il capo arbitro Norm Schachter che per dare via alla partita utilizzò il fischietto che, a causa del freddo, rimase incollato alle sue labbra e nel rimuoverlo perse molto sangue, sicché gli arbitri decisero di utilizzare solo comandi vocali per intervenire nella partita. Fu un incontro memorabile e vinsero ancora i Green Bay Packers grazie alla maestria del loro quarterback, Bart Starr, che guidò il “The Drive”, la serie di azioni a meno di 5 minuti dal termine che portarono i Packers al secondo Super Bowl consecutivo. Ovviamente vinsero di nuovo, questa volta contro gli Oakland Raiders, e Starr venne nominato MVP della finalissima per la seconda volta consecutiva.

Tornando ai Cowboys, la delusione fu enorme e la beffa fu dovuta soprattutto al grande freddo patito. Nelle due stagioni successive non raggiunsero la finale della NFL venendo eliminati in entrambe le occasioni dai Cleveland Browns al primo turno dei playoff. Nel 1969 si unì al training camp dei Cowboys Roger Staubach, quarterback scelto al draft del 1964, ma che aveva preferito la carriera militare, partecipando anche alla guerra del Vietnam.

La nascita di America’s Team

Nel 1970 NFL e AFL decisero di fondersi in un’unica lega, denominata National Football League (NFL), suddivisa in due grandi conference: l’AFC, di cui facevano parte le franchigie della ex AFL e la NFC di cui facevano parte le franchigie della ex NFL. In quello stesso anno ci fu una disputa per chi dovesse essere il quarterback titolare tra Roger Staubach e Craig Morton, con Tom Landry che scelse il secondo che guidò i Cowboys alla loro prima apparizione al Super Bowl, tuttavia perso contro i Baltimore Colts, in cui fu decisivo il kicker Jim O’Brien, autore del field goal della vittoria. Chuck Holey venne nominato MVP della partita e vi farà strano sentire che giocava nei Dallas Cowboys: per la prima e unica volta nella storia del Super Bowl venne nominato MVP un componente della squadra sconfitta.

L’anno successivo i Cowboys si trasferirono dal leggendario Cotton Bowl al Texas Stadium per le partite casalinghe e finalmente Landry diede a Staubach il posto da quarterback titolare. Dallas si qualificò di nuovo ai playoff come prima: battuti i Minnesota Vikings e i San Francisco 49ers, i Cowboys tornarono al Super Bowl per il secondo anno di fila e questa volta finì bene. I Cowboys asfaltarono i Miami Dolphins di Don Shula 24-3 con Roger Staubach nominato MVP, dopo aver corso 252 yards, record all’epoca, e vinsero il primo titolo della loro storia.

Staubach, ormai titolare fisso, guidò i Cowboys al Championship Game della NFC sia nel 1972 che nel 1973, ma entrambe le volte dovette arrendersi, prima ai Washington Redskins poi ai Minnesota Vikings, entrambi successivamente sconfitti dai Miami Dolphins di Shula e della No-Name Defense al Super Bowl. Nel 1974 i Cowboys chiusero con un record 8-6 e per la prima volta dopo nove anni non si qualificarono ai playoff e al termine della stagione Schramm scelse al draft il tackle difensivo Randy White e il linebacker Thomas Henderson che vennero aggiunti alla Doomsday Defense, la difesa dei Cowboys che doveva rifarsi dopo una stagione negativa.

Infatti si rifece e i Cowboys raggiunsero il Super Bowl anche nel 1975, venendo tuttavia sconfitti dai Pittsburgh Steelers del leggendario e compianto Franco Harris, italo-americano che vinse il secondo titolo consecutivo. La stagione regolare 1976 venne dominata dai Cowboys che clamorosamente persero al primo turno dei playoff contro i Los Angeles Rams, sfavoritissimi alla vigilia della partita.

Mentre la stagione 1977 fu trionfale: la squadra di Landry chiuse la regular season con il record di 12-2, vinse ai playoff contro Chicago Bears e Minnesota Vikings, qualificandosi al Super Bowl XII. I campioni dell’AFC erano i Dallas Broncos che i Cowboys non ebbero problemi a battere nella finalissima grazie a una prestazione difensiva mostruosa e non a casa vennero nominati co-MVP due difensori, Randy White e Harvey Martin.

Anche nel 1978 i Cowboys raggiunsero il Super Bowl, ma furono meno fortunati perché incrociarono di nuovo gli Steelers che ebbero la meglio come tre anni prima. Durante la preparazione del film-documentario sui Dallas Cowboys della stagione 1978, Bob Ryan, il vice-presidente della NFL Films, la società che dal 1962 si occupa della produzione di pubblicità, documentari e film legati alla NFL, dichiarò: “Ho notato che, ovunque giocassero i Cowboys, si vedevano tifosi sugli spalti con maglie, cappelli e gagliardetti dei Cowboys. Inoltre sono sempre una delle due squadre alla partita nazionale in televisione.” Poi aggiunse: “Non mi riferivo solo in Texas, ma in tutti gli stadi d’America vedi tifosi con la stella dei Cowboys addosso. Perché non li chiamano ‘America’s Team’?”.

Da quel momento fino a oggi i Dallas Cowboys sono considerati la squadra della nazione, sebbene in quel periodo non furono i più vincenti – vedi Steelers o Packers – tuttavia erano e sono tutt’ora la squadra più tifata in tutti gli Stati.

Una nuova dinastia e un inesorabile declino

Negli anni ‘80 i Cowboys ebbero un netto calo dal punto di vista sportivo, mai da quello del tifo e nel 1989 vennero acquistati da un petroliere dell’Arkansas ma attivo in Oklahoma, Jerry Jones, che ancora oggi è il proprietario della franchigia texana. Jones, sin dall’inizio, non si fece amare dai suoi tifosi, cacciando dopo quasi trent’anni Tom Landry, che aveva cresciuto la franchigia sin dai primordi.

Tuttavia i tifosi lo dimenticarono abbastanza presto, perché Jones scelse come head-coach Jimmy Johnson, suo compagno di squadra al college agli Arkansas Razorbacks e vincitore del titolo nazionale collegiale con l’Università di Miami, che portò i Dallas Cowboys, con l’aiuto del quarterback Troy Aikman, del running back Emmitt Smith e del ricevitore Michael Irvin, alla conquista di due Super Bowl consecutivi, nel 1992 e nel 1993, entrambi vinti contro i Buffalo Bills.

Ma, come avrete capito, Jerry Jones non era uno che prendeva decisioni per farsi amare e dopo una serie di litigi licenziò il suo ex amico Johnson e nel 1994 assunse Barry Switzer, vincitore di tre titoli nazionali con gli Oklahoma Sooners, ma senza squadra oramai da più di sei anni. Nel 1995, alla sua seconda stagione, Switzer guidò i Dallas Cowboys al Super Bowl XXX, vinto contro i Pittsburgh Steelers, vendicandosi finalmente della doppia sconfitta subita in finale negli anni ‘70. America’s team era tornata a vincere.

Adesso facciamo un grande salto nel presente, al 2023 i Dallas Cowboys sono un’ottima squadra, guidati dal quarterback Dak Prescott, uno dei migliori della lega nel suo ruolo e circondato da validissimi elementi come CeeDee Lamb, uno dei migliori ricevitori della NFL e Micah Parsons, il miglior difensore della lega. Probabilmente nessuno ci crederà, ma l’ultima partecipazione dei Dallas Cowboys al Super Bowl è datata 1995, l’anno della vendetta sugli Steelers.

Non solo, è da quella stagione che non si qualificano al Championship Game della NFC, arrivando al massimo solo al Divisional Round.

Un digiuno imbarazzante per America’s Team.

Se dal punto di vista sportivo i Dallas Cowboys non sono sempre stati costanti, non si può dire lo stesso dal punto di vista dei suoi tifosi. La vera ragione del soprannome è dovuta al fatto che i Cowboys hanno più tifosi di qualsiasi altra squadra di football americano nel Paese. Inoltre sono la franchigia con il più alto valore economico al mondo, tra tutti gli sport.

Nel 2023, come tante altre volte che non ha rispettato i pronostici, “America’s Team” sembrava una seria candidata al Super Bowl, ma è stata clamorosamente eliminata al primo turno dei playoff dai… Green Bay Packers ovviamente e quindi i tifosi dovranno aspettare almeno un’altra stagione per riprovarci. Anche perchè come scritto all’inizio: in Texas, il football è più di uno sport.

E solo i Dallas Cowboys sono America’s Team.

jerry jones

Articolo scritto da Matteo Orsolan

Per gli amici Orso, ama alla follia gli sport americani, finge di giocare a basket, ma guarda soprattutto il baseball e il football americano. Folgorato dal braccio di Josh Allen, dai fuoricampo di David Ortiz e dalle magie di Manu Ginobili. Soffre per i Buffalo Bills durante l'inverno e per i Boston Red Sox durante l'estate.

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