È il primo giro del gran premio del Bahrain 2020: sono le ultime gare di quella che è una stagione controversa, segnata dalla pandemia, dal dominio indiscusso Mercedes e il declino del mito Ferrari.
Allo spegnimento dei semafori nel Bahrain International Circuit pochi metri dopo, inizia l’incubo per l’allora pilota Haas, Romain Grosjean. In pochi secondi, dopo il contatto con un altro dei piloti in gara, la sua monoposto ha impatta violentemente contro il guardrail nel rettilineo con una forza G così potente da spezzare in due il retrotreno e la parte anteriore. Immediatamente tutto ciò che i tifosi da casa e gli uomini in pista riescono a vedere, sono fiamme.
Nella notte del Bahrain, anche i piloti che viaggiano davanti a lui che rallentano immediatamente per la doppia bandiera gialla (poi diventata bandiera rossa) e riescono a vedere le fiamme negli specchietti retrovisori.
La preoccupazione all’interruzione delle immagini della scena dell’incidente dilaga tra personale in pista e spettatori. Rivengono alla memoria le scene degli incidenti di Niki Lauda e quelle dell’ultimo pilota vittima nella massima categoria, Jules Bianchi.
I minuti scorrono e non si hanno notizie di Grosjean, fino all’immagine che ha incantato e commosso appassionati e non da tutto il mondo: il medico a bordo della medical car, Ian Roberts attraversa con il suo braccio le fiamme e afferra il pilota dalla tuta ignifuga estraendolo dalle fiamme. Pochi secondi e Grosjean viene soccorso da medici, vigili del fuoco e personale sanitario a bordo dell’ambulanza presente in pista.
Tutti riprendono fiato; quei 28 secondi sono stati interminabili per gli spettatori e per il protagonista della storia, l’uomo risorto dalle fiamme, la fenice, Romain Grosjean.
Come ha raccontato il pilota stesso ai microfoni di Sky Sport F1:
«Non riuscivo a capire cosa fosse successo. Ho azzardato una mossa a destra e pensavo di aver colpito Daniil (Kvyat), ma poco dopo la macchina è balzata via e poi è finita nelle barriere».
«Dopo l’impatto», continua il pilota, «ho aperto gli occhi dopo qualche secondo e riuscivo a vedere solo una luce intorno a me. Pensavo fossero luci, ma in quella zona del circuito non era possibile. Pensavo fosse il tramonto, ma poi ho realizzato che la gara era iniziata a sera».
È stata la visiera a far capire a Romain Grosjean dove si trovasse: iniziò a scurirsi e con il passare dei secondi, a sciogliersi. Immediatamente capì che ciò che vedeva erano fiamme.
«Appena ho provato a liberarmi ho realizzato si avere una delle due gambe incastrate» continua «Ecco, ho pensato, sono morto, morirò così. Chissà se farà male, chissà quale parte del mio corpo brucerà per prima».
In pochi secondi tutta la sua vita, la sua carriera, sembravano essere all’epilogo fin quando il pilota non inizia a chiamare tra le fiamme un nome. Un nome che non riconduce a nessuna persona da lui conosciuta. Il nome con il quale si rivolge alla fedele compagna della vita: la morte. «Ho iniziato a chiamarla “Benoît”, ho iniziato a pensare a mia moglie, ai miei figli, a Niki Lauda che era riuscito a sopravvivere ad un incidente simile. Mi sono detto “Devo rivedere i miei figli. Questa non può essere la mia ultima gara”.
In pochi secondi Grosjean tenta nuovamente di ruotare e sbloccare la sua gamba, stavolta riuscendoci perdendo tra le fiamme della monoposto le scarpe. Percepì che i guanti, unica parte non ignifuga del corredo vestiario dei piloti, iniziavano a sciogliersi attaccandosi alla pelle. Riuscì a superare l’halo e pochi secondi dopo sentì una mano afferrarlo tra le fiamme: «Ho pensato “allora qualcuno è venuto a prendermi. Non sono da solo».
Era Ian Roberts, che con l’aiuto dei vigili del fuoco, riesce ad aprirsi un varco tra le fiamme grande abbastanza da afferrare Grosjean che a quel punto salta fuori dalla sua monoposto.
È stato l’halo a permettere al pilota di non perdere i sensi: le componenti massicce che lo compongono hanno squarciato le lamiere aprendo uno spazio sufficiente a non far colpire frontalmente il pilota contro il guardrail.
«È grazie a l’halo se sono ancora qui. Non era ancora arrivato il mio momento. Jules (Bianchi), non mi voleva ancora con sé» le parole commoventi del pilota qualche settimana dopo l’incidente.
Romain Grosjean viene tutt’ora definito “la fenice” per la sua tenacia e l’esempio dato a tutti e gli altri diciannove colleghi in griglia. Il pilota continua tutt’ora a gareggiare nella categoria Indycar ed è stato scelto dalla casa automobilistica Lamborghini come suo pilota ufficiale, dimostrando che il suo amore per le corse prevarica su qualunque cosa, anche sul rischio di poter rincontrare Benoît.