Lo Sport è esattamente come il Cinema o il Teatro.
Dove la scena è la ribalta, dove lo schermo è il luogo nel quale si prendono applausi e fischi.
Ma anche dove si prendono soprattutto i meriti e demeriti, onori e sfottò, luci e dubbi.
E se vogliamo dare scia alla metafora, gli Attori si trasformano in Atleti e i Registi vestono i panni degli Allenatori nel quale il palcoscenico è l’unica cosa che conta, dal quale escono successi e sconfitte ed attraverso il quale si avverte il sacrificio e lo spessore, la qualità del lavoro svolto prima.
Ma qualcuno prende mai veramente sul serio cosa c’è dietro la Prestazione? Cosa la determina e come si costruisce? Si calcola nel modo corretto la mole ed il volume delle azioni messe in atto per rendere uno Sportivo o una Squadra vincente o comunque competitiva? Tutti gli interlocutori vengono veramente inseriti nel meccanismo con il giusto peso, dando rilevanza alla posizione nel processo di preparazione e pianificazione?
Lo Sport è sempre di più, a tutti i livelli anche quelli dilettantistici, un sistema complesso di persone che perseguono un obiettivo, che cercano (o dovrebbero cercare) di identificarsi in uno scopo (ed in compiti diversificati) per far funzionare la macchina della prestazione sportiva vera e propria.
Dirigenti, fisioterapisti, preparatori, medici, magazzinieri, ma anche addetti all’organizzazione ed alla logistica, membri di un ingranaggio delicato e a volte non compreso dagli sportivi stessi, atleti e tecnici che, a ragione ma a volte colpevolmente a torto, danno per scontato ciò che hanno.
Ma lo Sport non è solo la sfida domenicale su Dazn o SkySport, è anche il meeting internazionale di Pentathlon o la gara di Coppa del Mondo di Sci nordico, i campionati Europei di Pugilato o la seconda giornata del campionato di serie A di Pallamano.
Ed ancora la Serie D di Calcio, la B la di Pallacanestro, il Campionato Italiano di Triathlon e tanto altro.
Eventi di minore caratura mediatica ma che si sviluppano con le stesse difficoltà organizzative e preparatorie. Potrei elencare migliaia di gare nelle quali si alternano palcoscenici, attori e registi con più o meno visibilità ma con la medesima costante.
Il lavoro fondamentale di chi non vedi, di chi c’è ma fa il proprio dovere in modo invisibile.
Invisibili che si muovono nel rumore sordo di chi sa che non verrà mai premiato, di chi sa che il suo lavoro oscuro fa solo parte del proprio dovere.
E allora il sistema dei privilegi e delle responsabilità è squilibrato. Lo è fattualmente e, in un modo in cui l’unità di misura è la retribuzione, anche economicamente.
La prima risposta, quella più istintiva porta pensare che un macchinista non potrà mai guadagnare quanto Tom Cruise. Vero, legittimo, lapalissiano.
Ma al tempo stesso l’Attore dovrebbe riconoscere oltre alle proprie doti, alla propria costanza e determinazione, oltre al talento anche il delicato processo costruito per farlo rendere al massimo.
E se chiedi il massimo devi cercare di dare il massimo, e nella piramide delle responsabilità le stesse andrebbero valutate con la stessa unità di misura e non solo con l’esposizione mediatica.
La seconda, quella a mente fredda, mi fa asserire che questo lavoro non dovrebbe essere invisibile ne tantomeno premiato. Dovrebbe essere valorizzato a tal punto da renderlo il vero punto di forza di un’organizzazione, renderlo parte integrante dell’organizzazione.
La Squadra nella squadra. La Squadra che non pensa solo alla Vittoria ma si struttura come fondamenta della Vittoria stessa.
Se l’Atleta è il corpo, gli invisibili sono il sistema circolatorio ed il sistema nervoso che permettono a muscoli, articolazioni e nervi di agire nel modo corretto.
Sono la funzione fondamentale che dai per scontato e che ne riconosci il valore solo quando non funzionano a dovere.