Per tutti gli appassionati di Formula 1 che hanno avuto la fortuna di vederlo correre, era un Dio, un mago, un essere sovrannaturale, in grado di incantare non appena entrava nell’abitacolo della sua monoposto.
Ayrton Senna restò fedele alla sua passione fino al suo ultimo respiro, dopo aver cercato proprio nella sua fede delle risposte nella notte tra il 30 aprile e il 1° maggio 1994: è infatti così che Viviane, sorella maggiore del pilota brasiliano, ricorda suo fratello nell’ultima notte della sua vita.
La morte del compagno e collega Ratzenberger nella sessione di qualifica del sabato del gp di San Marino, scossero profondamente Ayrton al punto che dubitò di voler disputare la gara del giorno seguente.
La mattina del 1° maggio 1994 Senna prese la Bibbia e chiese a Dio di parlargli, così come faceva ogni domenica prima della partenza; quando aprì la Bibbia Senna riuscì a leggere
“Oggi Dio ti farà il suo dono più grande, Dio stesso”.
Monaco ’88, la gara che cambiò tutto
Fu a Monaco 1988 che Senna per la prima volta sentì viva la sua fede, quando dopo aver passato la maggior parte della gara sul tracciato storico nella Costa Azzurra, rifilando più di 2 secondi a tutti gli altri piloti, capì di essere oltre il suo stesso limite e solo quando fu protagonista del terribile incidente al Portier che si rese conto di quanto fosse stato fortunato.
Da lì Ayrton non smise mai di parlare a Dio prima di mettersi in macchina, anche quel giorno, anche quel weekend conosciuto come il weekend maledetto della Formula 1.
Senna viene ricordato da tutti non solo come colui che rivoluzionò i canoni del pilota di Formula 1, ma come un uomo caparbio, consapevole del suo talento, che si batté a lungo anche per i suoi diritti e quelli dei suoi compagni in termini di sicurezza contro le decisioni da lui considerate irragionevoli, compiute dalla Federazione.
L’incidente mortale che lo vide protagonista viene ricordato in maniera diversa da chiunque lo visse in prima persona: la preoccupazione della sua famiglia ed il fiato sospeso dei tifosi presenti e gli appassionati da casa, la corsa verso il luogo dell’incidente di Sid Watkins, ai tempi medico neurologo della F1 molto amico del pilota brasiliano, accompagnato da Giovanni Gordini, medico del 118 dell’ospedale di Bologna, quel giorno presente sul tracciato per eventuali situazioni di necessità.
L’ultimo giro: il tragico incidente
Nel celebre documentario “Senna”, Watkins racconta di “non essere, a differenza di Ayrton, un uomo di fede”: quel giorno però il medico inglese, arrivato sul luogo dell’incidente, si trovò davanti alla situazione più spiacevole possibile. Nella giornata precedente Watkins dopo aver ascoltato le preoccupazioni ed i dubbi di Senna, infatti, raccontò di avergli detto “Sei tre volte Campione del Mondo, il pilota più veloce, cos’altro vuoi fare? Lascia tutto ed andiamo a pescare”.
Ma Ayrton non era nato per mollare, non lo aveva mai fatto e non lo avrebbe fatto neanche se esposto davanti alle sue paure.
Quando Watkins ricevette la notizia “Senna,incidente,Tamburello” gli bastarono queste tre parole e si precipitò sul luogo dell’incidente: l’equipe medica aveva già iniziato la procedura di rianimazione, ma Senna non dava segni di vita. Era entrato in coma.
Nonostante il medico inglese non fosse un uomo di fede, raccontò di come durante il tentativo di rianimazione del pilota, steso per terra nella curva del Tamburello, riuscì a sentire quello che lui definì “l’ultimo respiro di Ayrton e il momento in cui la sua anima lasciò il suo corpo”.
Furono vani i soccorsi prestati a Senna nel capoluogo emiliano. Alle ore 18:40 di domenica 1° maggio 1994, si spense il più grande di tutti i tempi, a soli 34 anni, tre volte campione del mondo di Formula 1, senza aver mai ripreso conoscenza.
La sua morte segnò i tifosi di Formula 1 di diverse generazioni e la disperazione di tutta la sua nazione che tanto gli era devota. Quell’incidente cambiò drasticamente le norme di sicurezza delle corse, segnando una svolta decisiva per l’introduzione di nuove direttive.