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Atletica: la regina in soffitta

La regina atletica e la sfida di uscire dal suo castello

Tanto tempo fa esisteva un Regno, fatto di entusiasmo, sogni e partecipazione. Una terra viva, florida, nel quale vivevano serenamente tutte le specie di sport esistenti, con le loro differenze e i loro contrasti, con i loro seguaci e le loro regole. Era una terra che si sviluppava in un mondo probabilmente meno complicato di quello attuale ma con i suoi problemi, le sue dinamiche, ne migliori ne peggiori, le proprie, quelle del loro tempo.

Era un tempo fatto di sfide e diffidenza culturale, un tempo maschilista nell’espressione e femminista nei doveri, un tempo in cui lo sport era, per primo approccio, praticato e non tifato.

Era un tempo nuovo in un mondo vecchio in cui ogni sport faceva a gara per trovare i propri spazi o addirittura per nascere nelle idee di ogni ragazzo. Quasi tutti però chinavano la testa di fronte alla propria Regnante e facevano a gara per essere ricevuti nel suo castello.

Un Donna bellissima, piena di personalità, slanciata come una saltatrice in alto, elegante come una saltatrice in lungo, tenace come una velocista, forte come una maratoneta, precisa come una lanciatrice di giavellotto. Viveva nel Castello di Tartan, una struttura imponente progettata dal grande architetto Olimpico, accogliente e dimensionato per ogni necessità con un grande cortile interno di forma ovale ed un prato sempre verde collegato direttamente al ponte levatoio.

All’entrata capeggiava una grande scritta incisa nella pietra: CORRERE, LANCIARE E SALTARE. Non solo un motto, ma uno stile di vita, una frase che rappresentava l’essenza della famiglia di cui Atletica ne era l’ultima discendente.

Oltre alle sue indiscusse doti fisiche Atletica aveva un carattere di ferro, una Lady tutta d’un pezzo che incuteva timore anche solo alla vista. Era l’ultima di una famiglia gloriosa che arrivava da molto lontano e che era riuscita a colonizzare ogni parte, anche la più remota, del mondo.

Giornalmente riceveva ospiti di diverso rango e genere, reali da tutto il pianeta, tutti venivano a chiedere udienza ma soprattutto consigli per amministrare, gestire, organizzare, ispirare trovando in Lei una guida sicura sulla quale puntare e cogliere i migliori consigli. Ed era effettivamente così.

Tutti ne uscivano più ricchi. Lei sapeva sempre dispensare suggerimenti ad hoc e contestualizzare, sapeva ascoltare ma soprattutto partecipare.

Il castello era sempre in festa e viveva tutto l’anno da mattina a sera.

Il tempo passava ma le dinamiche cambiarono, lo fecero inesorabilmente. Il Mondo si scoprì nuovo ma il suo tempo diventò vecchio

Passavano i giorni e le visite erano sempre più sporadiche, sia di persone comuni sia di sovrani in cerca di alchimiche soluzioni, Atletica si ritrovò sola sul suo trono, in questo immenso salone, con il suo uomo di fiducia Pietro.

“Perché non viene più nessuno?”

“Signora me lo sta chiedendo?”

“Si, perché più nessuno viene qui al Castello a trovarmi? Dammi una risposta!”

Atletica aveva provato a rilanciare il tutto qualche tempo prima con grandi feste, grandi eventi che coinvolgessero le persone, ma il tentativo oltre ad essere stato inutile, riuscì anche in modo particolarmente triste.

“Sua Altezza Lei pretende che le persone tornino qui, ma Lei non è mai stata tra loro.”

“Ma io sono la Regina!”

“Lo so, ma se vuole continuare ad esserlo deve ricordarlo a tutti non da qui, non da un piano diverso, non dalla sua sedia, ma tra loro e per loro. Deve uscire dal Castello.”

Atletica non si arrabbiò ma colse l’occasione e decise di andare nella prima città più vicina ed incontrare le persone.

Nessuna riverenza, nessun saluto, nessun inchino, nessuno la riconobbe.

Lei stizzita, arrabbiata, confusa tornò di gran corsa al Castello dove nevroticamente si rinchiuse in soffitta, luogo nel quale da piccola si rifugiava in momenti di particolare crisi. Al buio, sola.

L’attenzione cadde su uno di quei bauli che riservano solo grandi sorprese.

Fece fatica ad aprirlo ma quando riuscì trovò la soluzione ai suoi problemi, si prese la risposta.

La risposta fece male, malissimo.

Ripensò a tutti gli errori commessi, ma soprattutto a quelli di presunzione, alle scelte sbagliate ed alla inutile consapevolezza che le cose non sarebbero potute cambiare mai.

C’erano scatole piene zeppe di foto, di ritagli di giornale, di libri, tutti collegati ai suoi avi, alla sua famiglia, alle loro azioni ed al loro modus vivendi. Tutti avevano una caratteristica principale: vivevano per la gente e non della gente. Erano regnanti comuni, ognuno a modo proprio.

Condividevano idee, parlavano alle scuole, CORRERE, SALTARE, LANCIARE era riconosciuta come base della vita ordinaria di ogni abitante a prescindere dalla scelta futura, sapevano calarsi nella realtà sociale del momento e sapevano sfruttare il proprio fascino.

Avevano puntato all’educazione delle nuove generazioni, le stesse che anni dopo li avrebbero individuati come i Monarchi assoluti dello Sport ma non per autorità o tradizione ma attraverso il riconoscimento della loro autorevolezza.

Loro affascinavano attraverso la semplicità.

Non erano al vertice, erano alla base. In questo modo conquistarono il vertice, in questo modo Atletica era diventata Regina.

Articolo scritto da Matteo Schiavone

Maturità scientifica, centrocampista non sufficientemente abile per fare il professionista con continuità, laureato in Scienze Motorie e specializzato in Management dello sport, Allenatore di Calcio e Calcio a 5 (Futsal ci piace di più) dal 2007, appassionato di Storia, Musica e Cinema con scarse attitudini allo studio ma spiccate inclinazioni alla curiosità.

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