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Premier League, vuoto a vincere

Il calcio inglese ha sempre avuto fascino anche nei periodi bui. Anche prima dei diritti televisivi e del merchandising compulsivo. Quegli spettatori agitati a bordo campo, quasi a contatto con l’attaccante o il portiere di turno, quei cori di gruppo intonati al sapore di birra, stadi sempre gremiti più per retaggio culturale che per scelta d’interesse.

C’è sempre stato poco di familiare sia chiaro. Tanti uomini, poche donne, molte accezioni di stampo razzista, tanta violenza fuori dalla scatola magica dove il pavimento è il campo, tanto fumo gettato negli occhi di chi si è fermato solo all’immagine televisiva, la stessa che è servita per creare un vuoto a vincere.

E devo ammetterlo, sono stati bravi, bravissimi. E in questo gli Inglesi sono maestri.

Focalizziamoci solo ed esclusivamente sulla Premier.

Un Campionato affascinante, coinvolgente, incessante, rumoroso nei ritmi di gara, tecnicamente altalenante e nella media di bassa qualità, atleticamente entusiasmante nonché tatticamente di triste fattura.

Gli Anglosassoni sono sempre stati bravi a vendere qualcosa di scarso valore presentandolo come l’occasione migliore, ci sono riusciti anche questa volta generando un meccanismo non solo al passo con i tempi ma che ha saputo cambiarli.

Per carità, non si possono mettere in dubbio successi internazionali di club ottenuti con grande continuità ma questo non è detto corrisponda all’effettivo valore del Campionato in cui militano.

Hanno importato grandissimi giocatori da tutto il mondo, hanno creato la finta speranza che tutti potessero vincere e costruito corazzate esterofile, sono riusciti a vendere l’idea prima della sostanza (cosa che noi italiani siamo incapaci di fare in ogni cosa nonostante abbiamo le idee migliori del mondo). Hanno sopravvalutato le doti singole di ogni squadra, dei giocatori acquistati ma soprattutto dei trasferimenti degli stessi tra squadre inglesi, “pompando” a dismisura il valore del mercato.

“Se l’uva costa molto di più in quel negozio, sarà più buona”. In questo modo nello sport gli americani hanno conquistato il mercato sudamericano, gli anglosassoni quello asiatico (dove i club inglesi sono potenti e riescono a battere sul campo economico anche il duo Real-Barcellona) e questo processo gli ha garantito interesse ed entrate extra “agonistiche”.

E se questo meccanismo è criticabile sotto il punto di vista tecnico sportivo, non lo è sotto quello prospettico, essenzialmente perché questa linea permette di aprire il paracadute nei momenti meno positivi ed avere la possibilità economica di intervenire per invertire la rotta.

Lo hanno inventato e lo hanno cambiato badando poco ai dettagli che migliorassero il gioco ma molto di più a quelli che lo presentassero come il più bello del mondo.

Mi dispiace ammetterlo ma l’abito fa il monaco, e gli inglesi lo vestono meglio.

Articolo scritto da Matteo Schiavone

Maturità scientifica, centrocampista non sufficientemente abile per fare il professionista con continuità, laureato in Scienze Motorie e specializzato in Management dello sport, Allenatore di Calcio e Calcio a 5 (Futsal ci piace di più) dal 2007, appassionato di Storia, Musica e Cinema con scarse attitudini allo studio ma spiccate inclinazioni alla curiosità.

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