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La solitudine del Mister

La prima parola che abbino ad un allenatore è Responsabilità.

Responsabilità delle scelte, della strategia e della crescita, del funzionamento e degli umori.

E le responsabilità oltre ad essere il motore sono il freno.

Un’eterna contrapposizione e lotta tra ciò che si deve e può, tra cio che è giusto e ciò che serve, tra l’ambizione e il risultato.

Un estenuante processo di decisione e comunicazione che passa dall’individuazione della strada che porta al successo, si spinge attraverso la ricezione del messaggio da parte di chi lo deve mettere in pratica ed arriva all’euforico o tragico epilogo dove ti rendi conto che tu dipendi dai tuoi atleti molto di più di quanto loro dipendano da te.

Un Allenatore deve sapere, saper fare, saper far fare, almeno così i manuali affermano.

Deve saper fare tutto, interpretare ogni ruolo e leggere ogni situazione, dentro e fuori la gara.

Ma l’Allenatore è un uomo, gli uomini nelle loro debolezze, nel loro orgoglio e nelle loro idee non sanno fare tutto.

E queste mancanze spesso e volentieri vengono compensate, coperte, sostituite con gli atteggiamenti e i comportamenti, con la soluzione che non ha nulla di predefinito o tecnico ma solo di molto personale.

E quando ci metti del tuo, quel qualcosa che solo tu conosci, quando vai oltre l’istinto e lo rendi tangibile attraverso tattiche e opzioni di gestione, sei solo.

E non lo sei nella preparazione, lo sei mentre lo fai.

E qui rientra in gioco il motore ed il freno.

L’entusiasmo e la fatica.

Il Coraggio e la Paura.

La solitudine ti rende più forte, crea quello strato impermeabile alle reazioni che con il tempo diventa sempre più spesso ma al tempo stesso il termine descrive uno stato in cui uomo alla fine non riesce a vivere.

Un Allenatore deve saper motivare e convincere, trasformare l’obiettivo dei suoi atleti da comune ad identico prendendosi il loro Cuore, Testa ed impegno.

È colui che rischia.

Ed il rischio più grande è quello di colui che cerca di dare prospettiva togliendosi anni di vita donando tutto se stesso ad una causa che molto probabilmente non lo ripagherà o che se lo farà, non sarà equamente distribuita nei meriti.

L’Allenatore non è un uomo solo ma qualcuno che soffre di solitudine e che ha paura di trovarla dietro la porta del presente, quello che può determinare il suo futuro.

Ma la solitudine aiuta a capire chi sei, dove vuoi andare e come ci vuoi arrivare.

E se in lei l’allenatore cerca pace e risolutezza spesso trova sconforto e sgomento.

Perché in fondo, l’Allenatore ama ciò che fa ma odia ciò che è.

Articolo scritto da Matteo Schiavone

Maturità scientifica, centrocampista non sufficientemente abile per fare il professionista con continuità, laureato in Scienze Motorie e specializzato in Management dello sport, Allenatore di Calcio e Calcio a 5 (Futsal ci piace di più) dal 2007, appassionato di Storia, Musica e Cinema con scarse attitudini allo studio ma spiccate inclinazioni alla curiosità.

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