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Calcio Europeo, Falsa Novità

Calcio Europeo, niente di nuovo.

Questa ripresa del Campionato di Serie A nel desolante e noioso silenzio di Stadi vuoti come scatoloni usati aveva già risvegliato vecchi torpori nostalgici.

Poi una delle prima partite, nel dettaglio Atalanta vs Sassuolo, ha scatenato un vero e proprio fastidio emotivo verso un calcio troppo descritto e molto illusorio, un calcio che riflette l’epoca che viviamo e che mi lascia sempre più deluso.

Sia chiaro, non sono deluso dal Calcio in generale, sarei ipocrita, come se rinegassi il sangue che scorre nella mia circolazione arteriosa e venosa.

Rigetto l’esaltazione di pseudo santoni della panchina, non comprendo l’assoluta mancanza di strategia difensiva come mossa per vincere la partita, dubito della progettualità tecnica attuale che prevede un minestrone con troppe verdure e pochi sapori.

Perché quando si afferma che il calcio attuale è più divertente, più dinamico, si offende il suo passato, le sue generazioni e la sua storia. Quando si evidenziano in modo pubblicitario alcune novità ci si dimentica che quelle vere, quelle che hanno costruito generazioni di squadre e giocatori, sono altre.

Mettere in piedi un bignami della storia delle idee del calcio (anche se incredibilmente Mario Sconcerti ci è riuscito attraverso una pubblicazione che vi invito a leggere) è un’opera oltre che provocatoria anche molto divertente.

Il Calcio è lo sport più bello del Mondo, perché è lo Sport più semplice ed accessibile.

Dove due squadre, una tendenzialmente più forte ed una più debole, si affrontano e puntano a cogliere la vittoria.

Dove esiste una strategia preparatoria e delle tattiche di svolgimento, dove spesso l’avversario e le sue caratteristiche contano di più delle proprie, dove molto spesso mettere in crisi l’altro non lo si può fare con i propri punti di forza.

E se ci rende soddisfatti vedere oggi affrontarsi tutti a viso aperto in un magma filosofico stucchevole ci si dimentica che le differenze migliori nascono da chi il calcio non lo ha omologato ma lo ha cambiato con praticità ed intelligenza.

Ma torniamo all’indisponente bignami dell’evoluzione del Calcio.

Gli Ungheresi cambiarono il verso dando organizzazione sistemica e copertura del campo, l’Inter di Helenio Herrera (che oggi appare il diavolo..) per i radical chic dalla cuffia e dall’urlo facile ha rappresentato il Catenaccio Pizza e Mandolino ma per i più attenti ha presentato la fase difensiva in modo organico e coordinato.

Da qui passammo all’Olanda dai capelli lunghi e dalle vittorie virtuali in cui la partecipazione al gioco, alla fase offensiva si fece corale, prospettica ed a tratti utopica, in cui tutti dovevano portare il loro contributo generando movimento e possibilità di gioco.

Gli anni ’80 ci rividero nuovamente protagonisti con Arrigo Sacchi che stravolse i carichi di lavoro e la concezione di allenamento mettendo tutti, sia metaforicamente sia no, in fuorigioco.

Ma i ritmi alti dovevano essere veicolati verso la porta, verso la realizzazione e in questo Zeman rivoluzionò il concetto di goal, non solo come obiettivo finale ma come spaspomica ricerca nella sua soluzione più veloce, più spettacolare, più verticale.

Finisce qui il percorso delle innovazioni e dei cambiamenti, quelli decisivi e che hanno modificato il gioco del calcio, passaggi che andrebbero utilizzati tutti e ricordati più spesso, soprattutto a chi oggi viene presentato in modo profetico.

Perché chi usa la frase “il mio calcio” è un venditore ambulante di bugie.

Articolo scritto da Matteo Schiavone

Maturità scientifica, centrocampista non sufficientemente abile per fare il professionista con continuità, laureato in Scienze Motorie e specializzato in Management dello sport, Allenatore di Calcio e Calcio a 5 (Futsal ci piace di più) dal 2007, appassionato di Storia, Musica e Cinema con scarse attitudini allo studio ma spiccate inclinazioni alla curiosità.

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