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Alì-Jordan, gli Atleti del Secolo

Pochi giorni fa si è concluso un simpatico gioco degli amici di sportellate.it che, attraverso un folle ed altrettanto simpatico sondaggio Instagram, hanno eletto l’Atleta del Secolo.

In finale sono arrivati senza sorprese (almeno per il sottoscritto) Michael Jordan e Mohammad Alì.

Scegliere, soprattutto nell’ultima tornata, è stato praticamente impossibile perché la preferenza rappresentava un suicidio nel quale qualsiasi scelta sarebbe risultata sbagliata.

Come se chiedeste ad un bambino davanti ai suoi genitori chi preferisca tra Mamma e Papà.

Ma questa virtuale finale ha mosso una riflessione più ampia o, nel dettaglio, domande alle quali tenterò di dare una risposta.

Sono effettivamente loro i migliori atleti del secolo? Sono concretamente loro la completa rappresentazione di un secolo di Sport e dei suoi cambiamenti?

La mia risposta è SI, e vi spiego anche perché.

Mohammad Alì ha spostato l’obiettivo in modo definitivo.

Lo Sport è uscito dalla dimensione puramente olimpista ed è entrato nella vita delle persone come riflesso, come conseguenza, come veicolo di comunicazione. Quella dimensione nella quale le azioni svolte fuori dal quadrato, fuori dal campo iniziavano ad avere più peso di quelle in gara.

Quella dimensione in cui non si ricerca più solo la gestione dell’atleta e del risultato ma i gesti e le responsabilità dell’uomo.

Alì intrecciò in modo unico e straordinario (nel senso del fuori dalla norma) tre caratteristiche che nessun altro è mai più riuscito ad unire con lo stesso rumore: il successo sportivo, la costruzione della sua immagine, l’esposizione politica innovativa contestualizzata al periodo storico.

Mohammad Alì ha riscritto le regole della strafottenza e della presunzione necessaria per essere il migliore, ha portato la leggenda sportiva oltre lo sport stesso incastrando per la prima volta nella storia razzismo, religione, politica e simbolismo.

Michael Jordan è lo Sport che viviamo oggi.

La commercializzazione della perfomance, lo spettacolo per tutti, la vittoria televisiva, lo sportivo che diventa star.

E questo basterebbe per identificare il cambiamento che ha scritto.

Vi giro solo dei dati.

Nel 2020 ha guadagnato 130 milioni di dollari solo dalla Nike, quattro volte Lebron James, per un totale di 1,3 milardi di euro dal 1984.

Le scarpe con il suo nome, la sua icona, negli ultimi due anni hanno registrato un aumento sul prezzo del 53%.

Michael Jordan ha smesso di calcare i parquet nel 2003.

Ma non sono solo i dati economici che confermano la grandezza di un atleta che ha saputo costruire la sua fama su un modo rivoluzionario di vincere e stupire.

Mi voglio esporre e rischiare dicendo che lui e Mohammad Alì, in modo completamente diverso, hanno portato lo Sport nell’era contemporanea tra slogan e comunicazione, tra politica e moda, tra tendenze e comunicazione.

Alì ha portato lo Sport oltre il cancello, Jordan lo ha cambiato nella stesura attuale.

Articolo scritto da Matteo Schiavone

Maturità scientifica, centrocampista non sufficientemente abile per fare il professionista con continuità, laureato in Scienze Motorie e specializzato in Management dello sport, Allenatore di Calcio e Calcio a 5 (Futsal ci piace di più) dal 2007, appassionato di Storia, Musica e Cinema con scarse attitudini allo studio ma spiccate inclinazioni alla curiosità.

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